COME SI È ARRIVATI AL 7 OTTOBRE
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COME SI È ARRIVATI AL 7 OTTOBRE

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IL CONTESTO

Il 7 ottobre 2023 non è stato solo il giorno di un attacco terroristico devastante, ma il punto di svolta di una strategia geopolitica lucida e premeditata.

Secondo una nuova inchiesta del Wall Street Journal, Hamas avrebbe scelto di colpire Israele in quel preciso momento per sabotare la normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita.

Un passo che avrebbe segnato un isolamento definitivo della causa palestinese nel mondo arabo.

L’Iran, regista occulto dell’operazione, ha dunque puntato sul caos come unica via per mantenere viva una partita che sembrava ormai persa.

Il prezzo?

Migliaia di vite innocenti e un’intera popolazione, quella palestinese, sacrificata cinicamente per calcolo politico.

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IL CONTENUTO ORIGINALE

Di: @dariodangelo91

       

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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Il mondo poteva cambiare. Così hanno deciso di cambiare il mondo.

È questo il senso della scoperta realizzata dall'esercito israeliano in uno dei tunnel sotterranei della Striscia di Gaza, della conferma ai peggiori sospetti coltivati in questi mesi, da quando le fiamme della guerra sono tornate a divampare in Medio Oriente.

Nei giorni immediatamente precedenti al 7 ottobre, i vertici di Hamas mettevano nero su bianco le loro intenzioni: compiere, per citare le parole pronunciate da Yahya Sinwar in persona, un "atto straordinario", capace di far deragliare il processo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, il negoziato che a suo dire avrebbe relegato per sempre la causa palestinese ai margini della storia.

I documenti ritrovati dall'esercito israeliano sono di straordinaria importanza. Analizziamoli insieme.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Il verbale di una riunione tenuta dall'ufficio politico di Hamas a Gaza il 2 ottobre 2023 - revisionato dal Wall Street Journal - cita espressamente le parole di Yahya Sinwar:

"Non c'è dubbio che l'accordo di normalizzazione saudita-sionista stia progredendo in modo significativo".

Tale intesa, avverte, "aprirebbe la porta alla maggioranza dei Paesi arabi e islamici affinché seguano la stessa strada".

Si tratta dell'esito sempre temuto dai nemici dello Stato Ebraico, da coloro che da generazioni ne hanno profetizzato la distruzione, cercandone l'annientamento con tutte le proprie forze.

È per questo che, rivolgendosi ai suoi uomini, Sinwar traccia la strada: è arrivato il momento di porre in atto il "grande progetto", l'attacco a cui da più di due anni lavora nell'ombra.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Yahya Sinwar non usa mezzi termini, con il suo piano punta in alto: l'obiettivo è quello di "provocare una mossa importante o un cambiamento strategico nei percorsi della regione".

Per farlo, in segreto, si è dato da fare per mobilitare l'intero "Asse della Resistenza" a guida iraniana.

Documenti ritrovati nelle profondità di Gaza infatti svelano: "il macellaio di Khan Younis", attraverso alcuni emissari, ha già bussato alla porta di Teheran.

Ha chiesto un'assistenza finanziaria nell'ordine di 500 milioni di dollari e un salto di qualità nell'equipaggiamento dei circa 12mila terroristi che rispondono ai suoi ordini.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Lo stesso giorno, in quel di Beirut, rappresentanti di Hamas e funzionari della sicurezza iraniana si incontrano per discutere dell'attacco.

A differenza di quanto sostenuto a più riprese da Teheran, la Repubblica Islamica non solo sarebbe stata al corrente degli attacchi del 7 ottobre, ma avrebbe dato anche la sua approvazione.

Altri funzionari di Hezbollah e iraniani ammettono di aver discusso delle opzioni di attacco, ma sostengono di aver chiarito: non vogliamo una guerra diretta e totale con Israele.

I dettagli del piano, inclusa la data e la portata dello stesso, sarebbero stati dunque tenuti segreti dall'ala militare di Hamas a Gaza.

È un punto probabilmente destinato a restare controverso.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Ma la novità dei ritrovamenti è soprattutto quella che collega gli attacchi del 7 ottobre al processo diplomatico di avvicinamento in corso tra Tel Aviv e Riyadh.

Un documento interno di Hamas datato settembre 2023 raccomanda a questo proposito un'escalation in Cisgiordania e a Gerusalemme: è una prima risposta alla sfiducia nei confronti delle mosse del Regno saudita e delle sue promesse nei confronti degli interessi palestinesi.

In particolare, l'Arabia Saudita viene accusata di compiere "passi deboli e limitati", volti a tenere a bada Hamas, con cui i rapporti sono a dir poco gelidi dopo che l'organizzazione terroristica palestinese ha strappato violentemente il controllo della Striscia di Gaza alla fazione rivale Fatah.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Ma c'è dell'altro. Un briefing interno contrassegnato come "segreto" dell'agosto 2022, redatto dalla leadership militare di Hamas, conclude:

"È diventato dovere del movimento riposizionarsi per (...) preservare la sopravvivenza della causa palestinese di fronte all'ampia ondata di normalizzazione da parte dei Paesi arabi, che mira principalmente a liquidare la causa palestinese".

In risposta a questa valutazione, si legge nel briefing, Hamas ha rafforzato il suo coordinamento con Hezbollah e con altre fazioni militanti palestinesi. Per riuscire nell'impresa, pochi mesi dopo - precisamente a ottobre - Hamas produrrà un annuncio di lavoro: cercasi laureato esperto in negoziazione e comunicazione che occupi il posto vacante presso il Dipartimento della Cooperazione Araba e Islamica dell'organizzazione.

Nelle intenzioni si tratta dell'uomo che dovrebbe agire a livello diplomatico per far deragliare la normalizzazione, convincendo le organizzazioni di base del mondo arabo a boicottare le entità favorevoli al riconoscimento di Israele.



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🚨🪖🇮🇱🇵🇸🇮🇷🇸🇦 Eppure sono solo gli attacchi del 7 ottobre a raggiungere l'obiettivo, a far saltare il processo di normalizzazione a cui da anni lavorano gli stessi Stati Uniti, decisi a costruire un'ampia coalizione regionale in un'ottica di contenimento iraniana.

Ma la guerra ha ormai cambiato i calcoli del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman.

A colloquio con diversi interlocutori stranieri e occidentali, ha chiarito in questi mesi di non essere più nelle condizioni di procedere con la normalizzazione, a meno che Israele non soddisfi due condizioni: che cessi la guerra a Gaza (possibile, a un certo punto) e che accetti la creazione di uno Stato palestinese (altamente improbabile).

Donald Trump, da questo punto di vista, nel corso della sua ultima visita in Medio Oriente è sembrato ammettere indirettamente che Yahya Sinwar abbia in parte raggiunto i suoi obiettivi.

Invitando l'Arabia Saudita a stabilire relazioni con Israele, ha infatti concesso: "Lo farete, con i vostri tempi".

Come dire che il mondo poteva cambiare. Ma poi è cambiato il mondo.



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