NORMALIZZARE LA SIRIA
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NORMALIZZARE LA SIRIA

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IL CONTESTO

L’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che viviamo tempi tumultuosi è il fatto che gli eventi accaduti solo pochi mesi fa in Siria siano già finiti nel dimenticatoio, relegati in secondo piano nella narrazione mediatica.

In realtà, abbiamo assistito a qualcosa di straordinario e sconvolgente: la caduta, nel giro di pochissimi giorni, del regime di Assad, che aveva governato il Paese per decenni con lo strumento del terrore e contando sull’appoggio della Russia.

In molti si sono chiesti, all’indomani di quella rivoluzione, se il nuovo regime, che oggettivamente presenta legami con l’ISIS e più in generale con l’estremismo islamico, sarebbe stato migliore o peggiore del precedente. Il nuovo presidente si sta sforzando di accreditarsi presso l’Occidente e di costruirsi un’immagine rassicurante.

Ovviamente, ci vogliono tutte le cautele del caso, ma quanto accaduto effettivamente a Riyadh in questi giorni, con il presidente Trump che ha incontrato il presidente siriano per oltre mezz’ora e le dichiarazioni che ne sono seguite, fanno perlomeno ben sperare che un percorso di normalizzazione della Siria possa essere un’opzione reale.

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IL CONTENUTO ORIGINALE

Di: @dariodangelo91

       

🚨🇺🇸🇸🇾🇸🇦 Difficilmente conquisterà le prime pagine dei giornali italiani, ma quello andato in scena a Riyadh è uno degli incontri più importanti degli ultimi anni. Per 33 minuti il presidente degli Stati Uniti ha parlato di persona con il leader siriano. Per trovare qualcosa di simile bisogna riportare indietro le lancette di 25 anni. Correva l'anno 2000: a Ginevra, Bill Clinton stringeva la mano di Hafez al-Assad.

Perché è importante questo incontro: perché è in atto il tentativo di normalizzare le relazioni fra i due Paesi, perché Ahmed al-Sharaa non è uno stinco di santo, e nei salotti che contano viene ancora definito "Al Jolani", il suo nome di battaglia da leader del terrore, ma la cacciata di Bashar al-Assad da Damasco lo ha obbligato a una scelta di campo. Probabilmente il nostro.

Trump sta tentando di capitalizzare al massimo le circostanze. Sa bene che al-Sharaa ha bisogno di ottenere sollievo dalle sanzioni americane se vuole avere speranze di governare un Paese che per troppo tempo è stato ingovernabile. Così The Donald sta alzando il prezzo: è il suo stile, la sua "arte del deal". Nel colloquio ha così formulato 5 richieste/esortazioni nei confronti del leader siriano:

1. Firmare gli accordi di Abramo con Israele.
2. Dire a tutti i terroristi stranieri di lasciare la Siria.
3. Espellere i terroristi palestinesi.
4. Aiutare gli Stati Uniti a prevenire la ricomparsa dell'ISIS.
5. Assumere la responsabilità dei centri di detenzione dell'ISIS nel nord-est della Siria.

Al-Sharaa si è mostrato più che collaborativo. Ha sottolineato che la destituzione di Assad coincide con la cacciata degli iraniani dalla Siria, ha presentato Damasco come un partner degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo e ha ribadito di aderire all'Accordo sul disimpegno fra Israele e Siria firmato nel 1974. Si tratta di fatti significativi, non scontati.

Ripeto: è chiaro che al-Sharaa abbia bisogno dell'Occidente, ma è un fatto che l'Occidente abbia bisogno di al-Sharaa. Il rischio di una recrudescenza dell'ISIS non viene mai sottolineato abbastanza. Una normalizzazione dei rapporti è oggi nell'interesse di entrambe le parti. Si è sempre in tempo a riattivare le sanzioni qualora il copione di Damasco dovesse cambiare. Nel frattempo quello di oggi rimane un incontro storico.

Ps: il sorriso a 32 denti di Mohammed bin Salman è giustificato. Qualcuno non lo sa, ma al-Sharaa è un cittadino saudita.

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