40$ AL BARILE
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40$ AL BARILE

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IL CONTESTO

La Russia non sarà sconfitta soltanto sul campo di battaglia. La vera chiave della vittoria per l’Ucraina, e per l’intero Occidente, passa anche dal collasso economico di Mosca. Le sanzioni imposte negli ultimi tre anni stanno lentamente producendo i loro effetti, ma resta ancora un nodo cruciale: i ricavi del petrolio.

Nonostante le restrizioni, la Russia continua a vendere abbastanza greggio, aggirando le sanzioni con la cosiddetta Flotta Ombra. Navi vecchie e insicure che consentono al Cremlino di mantenere aperti i rubinetti verso alcuni mercati.

Ma c’è un fattore che nessuno può controllare e che sta giocando un ruolo decisivo: il prezzo internazionale del petrolio. Se il barile dovesse scendere sotto i 40 dollari, l’economia russa rischierebbe di non poter più sostenere lo sforzo bellico. Uno scenario che oggi appare meno lontano di quanto si pensi.

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IL CONTENUTO ORIGINALE

Di: @francescoproia

       

40$ al barile: ecco la soglia di prezzo del petrolio che farà crollare le manie imperiali di Putin.

Partiamo dal presupposto che il petrolio Ural costa sempre meno del Brent, visto che è di una qualità nettamente inferiore. Il grafico parla chiaro:

Oltre 69 dollari (Zona Verde): situazione di stabilità🟩🟩
In Russia tutto va secondo i piani e Putin, acquistando sia armi che burro, può persino continuare a dire che le sanzioni non funzionano. Purtroppo la pacchia è finita a settembre 2024.
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$60–69 (zona verde chiaro): primi allarmi 🟩
Da ottobre a dicembre 2024, mentre i prezzi negli Urali si aggiravano intorno ai 65$ al barile, sono comparse le prime crepe. Il surplus di bilancio è svanito, i capitali fuggiti a un ritmo di $7,8 miliardi al mese e la banca centrale ha smesso di pubblicare statistiche economiche, sostenendo "difficoltà tecniche temporanee". I russi non si sono ancora fatti prendere dal panico, ma hanno iniziato ad accumulare dollari ed euro, e lo stesso hanno fatto gli oligarchi, trasferendo silenziosamente i loro beni in paesi neutrali.
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$50–59 (Zona Gialla): il crollo della classe media 🟨
A febbraio 2025, con il costo dell'Ural a 53$, in Russia si è aperta una crisi. Il ministero ha triplicato la sua proiezione di deficit all'1,7% del PIL, i salari reali sono diminuiti del 7% in due mesi, l'inflazione ha raggiunto il 16% (anche se le statistiche ufficiali indicavano l'8,6%) e il rublo ha perso il 22% rispetto al dollaro, rendendo le importazioni proibitive. Mosca, per la prima volta dal 1991, ha introdotto i buoni pasto.

$40–49 (zona arancione): il crollo del sistema 🟧
nell'aprile 2025 ha portato gli Urali sotto i $50 e la Russia in caduta libera fiscale. Tassi di interesse al 24% per fermare il crollo del rublo, mentre i servizi di base venivano interrotti (rifiuti, acqua, corrente e gas). Il Fondo nazionale russo, un tempo superiore ai 180 miliardi di dollari, ormai è a 55 miliardi di dollari, sufficienti a coprire a malapena sette mesi di deficit agli attuali tassi di consumo. Tra prelievi e depositi, c'è ormai uno sbilanciamento del 15%, una preoccupante corsa agli sportelli.

Sotto i 40 dollari (zona rossa): spirale di morte economica 🟥
Se le previsioni Goldman Sachs sono corrette (Brent 40 $, e quindi gli Ural a 30), la Russia entrerà in un collasso di sistema. A questo prezzo il 60% dei giacimenti diventerà non redditizio. La disoccupazione di massa potrebbe raggiungere il 35%. Il sistema bancario andrebbe incontro al collasso senza massicci salvataggi. L'iperinflazione diventerebbe probabile, non possibile. Il governo dovrebbe scegliere tra pagare le pensioni o i soldati: non può permettersi entrambi. I disordini sociali passerebbero da proteste isolate a un collasso generalizzato.

La catastrofe non è teorica: il calo dei prezzi di aprile sotto i 50 dollari ha già innescato misure di emergenza. Putin stesso ha firmato un ordine esecutivo che consente di ritardare i pagamenti delle pensioni "fino a 10 giorni, se necessario". Mosca ha aumentato del 200% la tassa sulle esportazioni di cereali per mantenere stabili i prezzi alimentari interni, scatenando l'ira delle regioni agricole che votano regolarmente per Russia Unita.

Ma per capire che la situazione è gravissima, basta fare un paragone con la crisi russa del 2015: all'epoca il petrolio toccò il fondo a 43 dollari, causando una contrazione del PIL del 3,7%. Ma la Russia entrò in quella crisi con 380 miliardi di dollari di riserve e con sanzioni minime. Oggi le riserve utilizzabili sono meno del 15% di quelle di allora, le sanzioni bloccano le importazioni di tecnologia, e la guerra brucia 1 miliardo di dollari al giorno.

Se la matematica non è un'opinione...


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