VI RACCONTO IL CONFINE DI ISRAELE
#MedioOriente

VI RACCONTO IL CONFINE DI ISRAELE

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IL CONTESTO

Ancora una volta ci troviamo a sottolineare quanto il conflitto tra Israele e Palestina presenti una complessità che lo distingue nettamente da quello tra Russia e Ucraina.

Riconosciamo con fermezza il diritto di Israele a difendersi, consapevoli che le sue azioni si inseriscono in un contesto segnato da minacce continue e non paragonabile a una situazione di pace. Comprendere fino in fondo le paure e la tensione vissuta dagli israeliani è fondamentale per dare senso anche alle loro reazioni.

Tutto ciò non significa che la linea politica di Netanyahu sia immune da critiche. Anzi, molte delle sue scelte sono legittimamente oggetto di dure contestazioni.

Ma questo non giustifica una narrazione mediatica che dipinge Israele come uno stato oppressore, ignorandone la natura democratica e legittimando, di fatto, la propaganda dei terroristi di Hamas.

Nel contenuto che segue, ascoltiamo la testimonianza diretta di un viaggiatore che ha vissuto sulla propria pelle la realtà del confine. Il suo racconto mostra un volto spesso ignorato: quello di uno Stato che, pur sotto attacco, cerca di proteggere anche i civili palestinesi, vittime a loro volta della violenza jihadista.

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IL CONTENUTO ORIGINALE

Di: @a_r_t_66

       

Vi racconto di #Israele al confine. Vi racconto dei palestinesi e dei medici israeliani che corrono in loro aiuto. Vi racconto di come #Hamas uccide la sua gente per non farla curare. Vi racconto di come la Palestina sia una terra profondamente malata.
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La seconda volta che andai in Israele mi spinsi fino a Gerico e in Cisgiordania. Percorrevo strade dissestate, ero in perlustrazione per tracciare l'itinerario su cui poi avremmo pedalato con le MTB. Attraversai alcuni insediamenti di coloni, circondati da mura e filo spinato 2n



Ne visitai uno, mi fece molta impressione vedere i bambini giocare tra militari e posti di guardia armati, era normale per loro e le sentinelle necessarie perché da qualsiasi punto intorno sarebbero potuti sbucare fuori da tunnel nascosti intorno degli attentatori suicidi. 3/n



Procedendo lungo il mio ipotetico itinerario mi imbattevo spesso in piccoli accampamenti. Erano villaggi di nomadi che si stabilivano subito al ridosso del confine con Israele, in zone decisamente inospitali prive di ogni ristoro della civilizzazione. Il perché si stabilissero 4



in zone così marginali lo scoprii quando incontrai il primo camioncino di una ONG israeliana che, mi spiegò uno degli operatori, realizzavano progetti di impianti idrici che poi gli abitanti di quei villaggi, istruiti a dovere, avrebbero gestito. Tra questi incontri il più 5/n



destabilizzante fu quando mi imbattei nel camioncino dell'ospedale Holy Family di Betlemme. Eravamo passati dal kibbutz di Be'eri, dove al piccolo spaccio ho mangiato la più buona torta alle carote di sempre e bevuto del vino bianco squisito, tutto bio. In un sentiero nel mezzo 6



del deserto, tra polvere e nulla un'ambulanza, un paio di auto scassatissime, e donne con bambini seduti sui massi su piccole sedie pieghevoli, tutti intorno al furgoncino e la sua appendice di lamiera che le faceva da veranda. Chiesi a Danny, la mia guida, cosa facessero 7/n



tutte quelle donne lì.
Venivano da Gaza, portavano con loro i bambini, molti oncologici; le mamme si facevano trovare in punti di confine, tenuti segreti, così che Hamas non ne avesse saputo nulla. In caso contrario rischiava la vita non solo il bambino, ma tutta la famiglia. 8



Feci in modo, contro i suggerimenti di Danny, di fermarmi e avvicinarmi all'ambulanza mi obbligò solo a non portarmi la macchina fotografica e il cellulare. Andammo dalle donne, erano tutte con i loro figli, non ci rivolsero la parola. Moses aveva il camice bianco e in disparte.



stava fumando una sigaretta, lo raggiunsi. Tesserino dell'OdG in mano mi presentai come giornalista del Giornale di Sicilia. Gli si illuminarono gli occhi mi sorrise, mi disse che sarebbe venuto in Italia. Iniziammo a parlare del suo lavoro. Moses era un arabo israeliano. 10



Mi spiegò che lui e i suoi colleghi rischiavano la vita per aiutare quella gente. "La vedi quella donna lì? La sua bambina ha 10 anni, ha una grave forma di leucemia". La dovevano portare all'ospedale a Betlemme e curare in Israele. A Gaza non esistono ospedali oncologici. 11



Ce ne sarebbe stato uno, Al-Sadqa, noto anche come "Ospedale dell'Amicizia turco-palestinese", costruzione finanziata dalla Turchia, mai funzionante a pieno regime, gli stanziamenti internazionali svaniti tra le mani di Hamas. Mi spiegò che troppi bambini hanno problemi, 12



deficienze al sistema immunitario a Gaza, in Palestina, "nascono così, è un problema genetico che poi si aggrava per la malnutrizione". Durò poco la conversazione, ci mandarono via, era pericoloso per tutti stare in quel posto. Danny in seguito mi raccontò di alcuni volontari,



e passate alla cronaca locale come "incidenti", ma sconosciuti alla cronaca internazionale, di certo poco interessanti. Mi raccontò che un problema diffuso a Gaza era quello della alimentazione "Hamas sequestra tutte le derrate alimentari che provengono dagli aiuti occidentali



e su quelle che entrano dal valico attraverso l'Egitto impone dazi che triplicano i prezzi". Mi raccontò una cosa terrificante, a cui non credetti, che alcune famiglie per comprarsi il cibo cedono uno dei loro figli ad Hamas. La conferma la ebbi quando il mio amico che tornava



dall'Afghanistan, membro delle forze alleate, mi testimoniò la stessa identica pratica dei talebani.
Non molto tempo fa, anni dopo questa vicenda, mi sono trovato a fare una ricerca su una rara forma di tumore genetico che aveva colpito la mia famiglia. 16



Il mio stupore è stato leggere su giornali scientifici che la stessa patologia è invece molto diffusa tra i palestinesi. Incuriosito ho approfondito questa ricerca e la scoperta è che le patologie genetiche in Palestina sono molto diffuse a causa delle unioni tra consanguinei 17



che oggi rappresentano circa il 50% dei matrimoni totali. Sono credenze e tradizioni culturali che si trascinano nei secoli, nei millenni, ancora oggi, come sempre.
Nelle società non evolute, appartenere ad un gruppo in senso generale significa ottenere una legittimazione 18



economica e sociale e il matrimonio tra consanguinei in Palestina è il risultato dell'appartenenza ad un gruppo. Ma il rischio, evidente, dei matrimoni tra consanguinei sta nella concentrazione di fattori genetici dannosi. 19



Una ricerca del Consultative Hospital di Ramallah effettuata sul genoma palestinese ha riscontrato 50 mila mutazioni genetiche che riguardano il genoma palestinese, non presenti nel genoma americano o europeo. E quindi non c'è da stupirsi se gravissime disfunzioni genetiche 20



nella popolazione hanno una incidenza altissima, come la talassemia e la sordità tra i bambini o che il 20% dei neonati muoiano per malformazioni genetiche. E le malattie oncologiche e neurologiche come le più svariate forme di sclerosi sono anche tra questi casi di patologie. 21



Non sono riuscito a trarre alcuna conclusione, la lascio a chi legge. Solo che ho avuto sempre orrore del nostro proverbio "Mogli e buoi dei paesi tuoi", e oggi ancor più del popolare proverbio arabo "Se sposi tuo cugino tieni lontani i problemi". FINE



FONTI:
https://t.co/ifmPCdYYSB
https://t.co/l40vDuN3N0
https://t.co/ZEDM0COZp7
National Institutes of Health
Genetic Disorders Among
Arab Populations, Ahmad Teebi


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